Lettera R

R – Riccardi Nunzio Vincenzo, Ridola Domenico, Ridola Pietro Antonio, Rivelli Francesco, Roberti Vito

Riccardi Nunzio Vincenzo

Dottore – Nacque a Matera il 3 agosto 1910 e morì ad Asti il 2 aprile 1981.
Divenne Prefetto di Asti.

Ridola Domenico

Medico e archeologo – La vita di Domenico Ridola è caratterizzata da completa dedicazione allo studio, al lavoro, alla ricerca.
Nei suoi novant’anni non diede spazio alla noia e all’ozio, studiò sempre e s’interessò di tutto, anche se fece sue chiare e precise scelte. Fu nello stesso tempo eminente medico, amministratore e politico serio e seguace, acuto archeologo.
Nacque il 13 ottobre 1841 da Gregorio e Camilla De Gemmis in Ferrandina dove rimase i primissimi mesi, quindi visse a Matera nell’antica casa paterna in via Tre Corone.
Apprese le prime nozioni nella scuola privata del canonico Eustachio Guanti e a 14 anni fu ammesso a frequentare il Seminario Lanfranchiano che, ammodernato dal presule Di Macco, aveva assunto grande prestigio nella zona.
Primeggiò sempre per intelligenza e profitto. La fine degli studi secondari coincise con la rivoluzione del 1860 e con la chiusura del Seminario, che per volere della cittadinanza fu riaperto nello stesso anno.
Completati gli studi a Matera, superate alcune difficoltà contingenti, si iscrisse alla facoltà di medicina e chirurgia della Università di Napoli e participò a gare fra studenti, ottenendo il primato su tesi di fisica e di chimica.
A causa del brigantaggio che infestava le strade del meridione, fu costretto a non muoversi da Napoli per tutto il periodo degli studi universitari, che complterò a 24 anni, laureandosi il 18 novembre 1865.
Continuò a frequentare le cliniche napoletane e nello stesso tempo curò la traduzione di pubblicazioni mediche e collaborò con riviste scientifiche e in particolare con la rivista “La medicina”, nella quale apparvero i suoi studi. Tutto questo potè fare per aver seguito corsi di francese, inglese, tedesco e di stenografia, che gli furono molto utili per tutta la vita. Durante gli anni 1867 – 1868 si fermò a Bologna nelle cliniche dei maestri Concato, Rizzoli e Murri, a Milano presso la clinica ostetrica, mentre l’anno seguente a Vienna seguì le lezioni di Oppolzer e di Billroth. Nel luglio 1869 fu invitato a rientrare a Matera dal padre infermo non si sa se più per nostalgia o per malattia vera e propria.
Aprì lo studio medico in via Duomo nell’appartamento che il fratello Leonardo, architetto, gli aveva approntato sin dal 1866 nella parte di nuova costruzione del palazzo di famiglia.
Il valore professionale, la svariata cultura, la rettitudine e la modestia gli conciliarono la generale stima nella città e in tutti i paesi circostanti. Egli prese a svolgere la professione medica con un bagaglio di nozioni e con metodi completamente nuovi.
La clientela in breve tempo divenne sempre più numerosa e lo impegnò intensamente. Nel suo studio venivano ammalati anche dai paesi vicini e frequentemente era chiamato per consulti in Basilicata e nella vicina Puglia.
Fra tanto lavoro professionale non trascurò lo studio che insieme all’esperienza quotidiana gli dettarono alcune pubblicazioni mediche.
Descrisse per primo nel 1872 una malattia dell’infanzia che in Francia pare porti ancora il suo nome: si tratta di una neoformazione sottolinguale e precisamente alla base del frenulo linguale, che egli ritenne prodotta da decubito, da necrosi da compressione. Inoltre per l’ottima conoscenza della lingua francese insegnò dal 1869 nella scuola tecnica e nelle classi ginnasiali del Duni di Matera.
Dopo pochi anni di esercizio professionale, per la fiducia e per il prestigio acquisiti fu invitato da amici ed estimatori a partecipare alla vita politica. Il 22 luglio 1878 fu eletto Consigliere comunale con 203 voti su 203 votanti e più volte riconfermato.
Il primo settembre 1892, per pochi mesi, fu eletto Sindaco di Matera. Fu anche Consigliere provinciale, in sostituzione del conte Giuseppe Gattini, rinunciatario, per 36 anni, più volte Deputato provinciale e candidato alla presidenza del consiglio. Ben presto il collegio di Matera lo designò a suo rappresentante politico. La prima entrò in competizione, addirittura con Emanuele Gianturco e rimase soccombente per pochissimi voti.
Con la tragica e immatura fine di Michele Torraca si indissero le elezioni straordinarie, per le quali posero la candidatura diversi aspiranti, tra cui Domenico Ridola e Nicola De Ruggieri.
La lotta fu dura e accanita. Vinse Ridola che nel settembre 1906 varcò per la prima volta la soglia del Parlamento.
Alle elezioni del 1909 fu rieletto; ma al termine di questo mandato parlamentare, nel 1913 decise di non presentarsi alle nuove elezioni.
Durante la XXIII legislatura e precisamente il 21 giugno 1910 l’onorevole Ridola donò allo Stato la sua ricca raccolta di cimeli preistorici.
Il 16 ottobre 1916 fu nominato Senatore, carica che ha tenuto fino alla morte, avvenuta a Matera l’11 giugno 1932.
La sua attività sia di deputato e sia di senatore fu improntata sulla tipica austerità dei politici dell’epoca.
Coprì moltossime altre cariche. Fu insignito delle onorificenze di Grande Ufficiale della Corona d’Italia e di Commendatore dei Santi Maurizio e Lazzaro. Per quanto noi conosciamo la sua operosità non sappiamo se ammirare in lui più il medico, il politico o l’archeologo, attività che svolse con grande cura e sagacia.
Il 1872 deve essere considerato l’anno in cui nacque in lui l’amore per l’archeologia; fu in quell’anno che il farmacista Francesco Riccardi gli donò, insieme a parecchie conchiglie fossili, una bella punta di freccia in piromaco gialla e gli chiese che cosa fosse quel piccolo oggetto.
Da quel momento, consacrò all’archeologia “i rari intervalli di riposo rubati ad una vita già troppo affaccendata” e non risparmiò fatica e danaro per effettuare saggi o scavi nei punti più disparati e con tempestività dove aveva sentore o intuiva la probabile esistenza nel sottosuolo di materiale archeologico. Bisogna anche dire che egli si appassionò all’archeologia spinto dal desiderio di conoscere più antiche notizie storiche della sua Città.
Dopo pochi anni di questa attività complementare il suo nome ed i suoi ritrovamenti erano tali che nel 1875 il Pigorini lo invitava a collaborare con notizie di suoi scavi alla rivista che il Maestro dirigeva. Il Ridola, allettato da questo invito tanto autorevole, non rispose subito, egli si sentiva “un milite volontario che si era avventurato nel vasto campo dell’archeologia” e si propose di pubblicare qualche cosa nel momento in cui avesse acquisito un quadro completo di tutta la situazione locale.
Nel 1877 fu nominato Ispettore onorario degli Scavi e Monumenti, carica che ricoprì tutta la vita. Grande benemerenza del Ridola è la costituzione del museo che ha avuto un incremento continuo.
Dopo la donazione della raccolta allo Stato gli furono messi a disposizione i locali dell’ex convento Santa Chiara, nei quali lo stesso Ridola ordinò le sezioni: geologica, paleolitica, neolitica, età del bronzo, epoca protostorica, Magna Grecia, ecc. Il Museo che prese il suo nome assunse prestigio e con quello di Reggio e di Ancona divenne una delle più importanti serie preistoriche locali che vantasse l’Italia (Rellini). La scoperta del Paleolitico materano si deve al Ridola, che esplorò per primo alcune grotte preistoriche tra cui quella dei Pipistrelli e quella Funeraria ad essa collegata.
Si aggiungono gli abitati preistorici neolitici di Sette Ponti e di Vigna Dell’Acqua, vestigia dell’Età del Bronzo, l’importantissima necropoli ad incinerazione di Timmari, i “Cromlech” delle Matinelle ed ancora sepolture di vario tipo e di varia età in zone diverse, sepolcri a tumulo o scavati nella roccia, monumenti circolari intorno a sepolcri e molti altri ritrovamenti.
Ma fra tante scoperte che rivelano le sue osservazioni acute e le sue felici e spesso geniali intuizioni, primeggiano quelle dei Villaggi trincerati neolitici di Murgia Timone, Murgecchia, Trasano e Tirlecchia.
Dalla trincea di Serra D’Alto potè affermare l’esistenza ed eseguire i primi scavi che furono continuati fruttuosamente dal Rellini. Sempre ansioso di approfondire le sue acquisizioni, partecipò ai congressi di archeologia di Atene, Roma e Monaco. Nel 1914 si recò a Siracusa e volle confrontare le trincee siciliane con quelle materane.
Il Professor Orsi che nel 1912 con la grande autorità che gli competeva confermò le vecchie vedute del Ridola sul fosso siciliano, con squisita ospitalità gli mise sott’occhio il materiale inedito, in particolare rappresentato da frammenti di ceramica.
Il Ridola rivelò la grande analogia con la ceramica delle fosse materane, confermando che quei manufatti avevano caratteri di maggiore semplicità e rozzezza di quelli di Matera che rivelavano una maggiore accuratezza e perfezione. In tutte le occasioni mise in evidenza il suo senso ed obiettivo della vita ed il dono della sintesi e della focalizzazione degli argomenti trattati.
Non ebbe fretta di scrivere sui risultati dei suoi rinvenimenti, malgrado gli inviti e le sollecitazioni che gli giungevano da ogni parte.
Volle che sedimentasse tutto quanto si era a lui rivelato in anni di ricerche e di studi onde poter dare notizie organiche e definitive. Egli soleva dire che non aveva la preoccupazione di dover fare carriera in campo universitario o burocratico.
Ed ecco perchè in tanti anni di continuo impegno in archeologia ha pubblicato solo i seguenti lavori:

La Paletnologia del Materano; La Grotta dei Pipistrelli e la Grotta Funeraria; Necropoli arcaica ad incinerazione presso Timmari nel Materano; Le grandi trincee preistoriche di Matera; La ceramica e civiltà di quel tempo.

Ridola Pietro Antonio

Giurista e letterato – Nacque a Matera nel 1802 da famiglia borghese e morì nel 1884. Si laureò in Giurisprudenza, ma s’interessò particolarmente di studi storici e letterari.
Partecipò agli eventi politici dell’800 e fu tra i pochi che firmarono, nel giugno 1948, il documento di protesta contro il provvedimento di abolizione della Costituzione da parte del re Ferdinando II: fu privato dell’incarico di “Giudice Supplente”.
Collaborò alla rivista delle atttribuzioni de’ Giudici del Circondario nel periodo 1833-1857 in Bari e Napoli.
Ridola ha rivelato doti di elevata grandezza, ma non gli sono derivati i riconoscimenti che avrebbe meritato.

Rivelli Francesco

Provveditore agli Studi – Nacque a Matera il 16 marzo 1879 e morì a Pesaro il 4 maggio 1955.
Si laureò a Napoli il 4 luglio 1904 e insegnò nelle Scuole superiori di Abruzzo e Calabria.
Divenne Preside del Liceo Leonardo da Vinci di Roma e occupò tale incarico dal 1942 al 1935; nello stesso anno fu nominato Provveditore agli Studi di matera. Scrisse opere scolastiche e pubblicò una raccolta antologica di novelle.

Roberti Vito

Arcivescovo – Nacque a Matera l’11 settembre 1911; frequentò le scuole ginnasiali e liceali della sua città, nel palazzo Lanfranchi. Si addottorò in Filosofia e in Diritto Canonico e Civile. Entrò nel Seminario Romano Minore il 4 novembre 1923 e fu ordinato sacerdote il 23 dicembre 1933. Dal 1938 al 1950 operò nella Chiesa materana e fu lui ad istituire la Pontificia Opera di Assistenza, a promuovere la edificazione del cippo di Via Lucana (a ricordo dei morti del 21 settembre 1943) e a potenziare i ruoli e le iniziative dell’Azione Cattolica e della F.U.C.I.
Il 30 gennaio 1950 fu chiamato alla Segreteria di Stato da Papa Pio XII, che gli conferì l’incarico di coordinare i rapporti tra la Santa Sede, l’Austria e la Germania. Divenne Arcivescovo titolare di Tomi e Nunzio Apostolico in Africa, negli stati del Congo, del Rwanda e del Burundi; operò in quelle terre dal 1962 al 1965.
Nel 1965 fu nominato Arcivescovo di Caserta, dove svolse un’intensa azione pastorale, promuovendo la costruzione di numerose chiese, oratori e locali per la Curia, nonchè l’istituzione di Associazioni e Movimenti cattolici.
Dal 1967 al 1978 fu amministratore Apostolico di Alife e Assistente al Soglio Pontificio.
Si è rivelato un religioso perseverante, fiero, attento ai problemi del cambiamento e partecipe delle iniziative che avrebbero consentito alla sua città di venir fuori dall’isolamento. (In questo quadro si inserisce la sua lunga battaglia per portare la ferrovia dello Stato a Matera). Purtroppo è morto quasi dimenticato. Pochi, infatti, gli amici che lo visitavano, ai quali aveva espresso il desiderio di costruire, con le sue economie, un Museo Missionario. E’ morto, forse, solo, ma portando nel cuore l’amore per Matera e per la Vergine Maria.

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