L’uccisione del Conte Francesco Gattini

Nello scenario politico materano di metà 1800 si contrapponevano la classe nobiliare, non avvezza ai cambiamenti politici e per questo motivo filo-borbonica, ed una fazione liberale a cui erano legati il conte Francesco Gattini, il suo segretario ed organista del Duomo, il francese Laurent, ed il candidato Sindaco Giovanni Corazza. I liberali basavano la loro propaganda politica sulla questione della spartizione delle terre di proprietà nobili, un problema secolare che poteva trovare una soluzione solamente in seguito ad una rivoluzione. I nobili materani riuscirono a rigirare la situazione a loro favore, insinuando che la vera causa della mancata spartizione delle terre fosse proprio il nascente gruppo liberale.

Il malcontento dei contadini costrinse il conte ad asserragliarsi nel proprio palazzo, in piazza Duomo (nei pressi della Cattedrale), pretendendo la distribuzione delle sue proprietà terriere. Il conte, nel tentativo di placare gli animi, il 30 luglio del 1860 si affacciò dal suo palazzo verso la folla adunata in piazza Duomo e promise di sottoporsi a dei controlli al fine di restituire quelle parti di possedimenti (tra cui Jazzo Gattini, sulla Murgia) che fossero risultati non regolarmente acquistati. Il popolo, inferocito, pretese la stessa promessa da parte di tutti i proprietari terrieri, così fece irruzione nell’abitazione dell’Arcivescovo e costrinsero il Vescovo, sorpreso seminudo in bagno, a recarsi in piazza. Il Comitato Cittadino de l’Unità d’Italia (di cui il conte Gattini faceva parte), nella persona di Giacinto Albini, inviò a Matera un membro del comitato, Giambattista Matera, per esaminare le eventuali scorrettezze operate dal conte.

La nobiltà ancora una volta riuscì a convincere il popolo che il membro del comitato fosse in realtà un funzionario mandato per salvaguardare gli interessi del Gattini; il 7 agosto i materani tentarono di incendiare palazzo Gattini, ma il tentativo fu scongiurato. Il giorno successivo il popolo si raccolse nuovamente sotto il palazzo del conte, quest’ultimo commise l’errore di sfidare gli abitanti prima lanciando manciate di ducati al grido “Mangiate, facchini!”, successivamente sparò un colpo in aria con il suo fucile. La folla dapprima rispose al fuoco, successivamente riuscì ad entrare nel palazzo e catturare il conte Gattini; quest’ultimo, nel tentativo di fuggire, saltò nel vicino fienile di palazzo Malvinni Malvezzi, riportando diverse fratture alle gambe. Il conte, insieme al suo segretario Laurent e ad un altro collaboratore, furono portati dalla folla in piazza del Sedile e tutti e tre furono uccisi a colpi di pugnale.

Si concluse così una vicenda che, seppur capitata in un periodo di forti moti liberali, non era assolutamente connessa all’Unità d’Italia. L’estrema povertà, la miseria e la ricerca di un miglioramento delle condizioni di vita costringevano il popolo materano a pensare ad altri problemi, sicuramente più urgenti ed imprescindibili. L’eccidio del Conte Gattini è da considerare come un episodio legato puramente alla questione della spartizione delle terre promessa dai nobili e mai rispettata.

Si ringrazia Enzo Scasciamacchia per la preziosa collaborazione

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