Antonio Loperfido, l’ingegnere a cui è intitolato l’Istituto Tecnico Commerciale della città

Il  Comm. Prof. Antonio Loperfido ha maturato nel corso della sua vita una posizione eminente ed una considerazione elevatissima nel campo delle scienze matematiche e più particolarmente in quello della geodesia. Nato a Matera il 16 settembre 1859, dopo aver cominciato regolarmente gli studi, con lusinghiera promessa, nella città nativa, continuò con successo nell’istituto tecnico di Napoli, per poi concludere brillantemente nella Scuola degli ingegneri di Torino. Figlio di modesti lavoratori, soltanto in virtù del proprio ingegno e della propria abnegazione poté procurarsi i mezzi per raggiungere il nobile fine, sia guadagnandosi, ancora giovinetto, una borsa di studio, sia cercando di arrotondare lo scarso assegno col dare ripetizioni agli stessi suoi condiscepoli, che, forniti molto meglio di lui di denaro, lo erano altrettanto meno d’intelligenza e di buona volontà. Conseguita così, con pieno plauso, la laurea d’ingegnere civile, trovò immediato collocamento presso le Officine delle ferrovie dello Stato; ma, sebbene anche in quel campo riuscisse presto a distinguersi, tuttavia gli sembrò non fosse quello ambiente adatto alla esplicazione della sua attività e, preso dalla nostalgia di studi più profondi e già a lui più famigliari, dopo appena due anni abbandonò volontariamente l’impiego. Di lì a poco, peraltro, per suggerimento anche del compianto Prof. Nicodemo La danza, Ordinario di Geodesia teoretica nella R. Università di Torino, e di cui il Loperfido fu discepolo prediletto, entrò a far parte del personale tecnico dell’istituto geografico militare.

I lavori importantissimi, che allora si andavano ivi compiendo sotto la direzione illuminata dell’illustre generale Annibale Ferrero e la guida diretta e competentissima del colonnello Leopoldo De Stefanis (due giganti nel campo della Geodesia), riuscirono presto ad appassionare, o meglio a risvegliare in lui la speciale predilezione che, durante gli studi universitari, già aveva sentito e manifestato per la Geodesia e la Geometria pratica; i due rami di scienza, appunto, che costituiscono le basi fondamentali sulle quali tutta l’opera dell’Istituto geografico s’incardina, si sostiene e si esalta. I due valentissimi Ufficiali superiori sopra ricordati non tardarono a riconoscere nel giovine dipendente l’intelligenza sveglia, la volontà tenace, l’inclinazione spiccata alle indagini della complessa disciplina. Con la facile chiaroveggenza dei saggi, infatti, confortandolo dapprima della loro manifesta considerazione, l’onorarono di lì a poco, con larga e ben corrisposta fiducia, d’incarichi delicati speciali. Egli, da parte sua, confortato dalla benevolenza dei superiori, sorretto dalla fede nelle proprie forze ed incurante di disagi e fatiche, di giorno come di notte, in qualunque stagione e sempre ed esclusivamente di propria iniziativa, si dedicò anima e corpo allo studio dell’astronomia geodetica e di tutte le altre scienze, che hanno con essa diretta colleganza, ed ebbe così occasione di pubblicare, in spazio di tempo brevissimo, studi e memorie. In virtù appunto di tali pubblicazioni pregevolissime riuscì presto ad ottenere la nomina di libero docente di Geodesia nella R. Università di Torino, ottenuta con il consenso unanime di tutti i Professori della Facoltà. Ma il lavoro che per primo contribuì a metterlo in evidenza maggiore riguardò la descrizione accurata del grande proiettore fototelegrafico utilizzato la prima volta nel 1900 per il collegamento geodetico delle isole maltesi alla Sicilia; lavoro che, per la profondità dell’investigazione, la rigorosità del merito e la chiarezza dell’esposizione, meravigliò lo stesso ideatore dell’apparato generale Fami. Lo studio e la costruzione dell’apparecchio erano stati affidati dal generale De Benedictis, allora direttore dell’ Istituto geografico militare d’accordo col prof. Giovanni Celoria, Vice Presidente della R. Commissione geodetica italiana.

Per accordi intervenuti fra il prefato prof. Celoria ed il generale Ettore Viganò, che succedette al generale De Benedictis nella Direzione dell’istituto, fu nel 1901 convenuto di procedere al collegamento geodetico della Sardegna col Continente attraverso l’Arcipelago Toscano. E nell’estate del 1902, infatti, quando al Viganò era a sua volta succeduto il generale Onorato Monè, vennero iniziate e portate a compimento le osservazioni di campagna, alle quali il Loperfido partecipò in larga misura. La direzione poi dei lavori di calcolo, che a quelle osservazioni si riferivano, venne ad esso affidata ed a lui affidato altresì l’incarico della compilazione di una particolareggiata relazione la quale, nel modo con cui venne svolta, non solo riscosse la più larga approvazione dei competenti in materia ma meritò l’ambita sorte di una speciale traduzione in francese che, per mano di ammiratori, venne largamente diffusa in tutta la Francia. Uguale fortuna toccò poco dopo alla pubblicazione del 1° Fascicolo (l’opera completa consta di ben cinquantadue fascicoli) degli elementi della rete altimetrica fondamentale dello Stato. La prefazione contenuta appunto in quel 1° fascicolo venne, per disposizione della Direzione dell’Istituto geografico di Vienna, fatta tradurre in tedesco ed una copia di essa fatta poi consegnare, a scopo d’istruzione, a ciascuno dei componenti il personale dipendente specializzato in lavori altimetrici. Ma troppo lungo sarebbe l’enumerare uno ad uno i singoli lavori intorno ai quali il prof. Loperfido esercitò la sua operosità zelantissima. Basterà qui accennare solamente ai principali ed avvertire che in tutti allo stesso modo egli portò il fervore della propria passione, la luce dell’ingegno possente ed anche il soffio gentile di quella poesia, che facile e limpida gli sgorgò sempre dall’anima nella visione e nella soluzione elegante dei più svariati e vasti problemi. Diremo dunque dei lavori di mole maggiore e di più larga importanza, quali la pubblicazione degli “Elementi della rete geodetica fondamentale italiana“, corredata di un riassunto prospettico relativo alla deviazione della verticale in Italia, dove sono raccolti i valori delle due componenti (meridiana ed ortometrica) e la pubblicazione degli “Elementi geodetici dei punti contenuti nei Fogli della Carta d’Italia“.

E dal campo geodetico, passando in quello astronomico, accenneremo anche al contributo dal prof. Loperfido portato alla determinazione della latitudine astronomica e dell’azimut del punto trigonometrico di Monte Mario presso Roma (origine delle longitudini della nostra Carta) in collaborazione col dott. Emilio Bianchi, Direttore del R. Osservatorio astronomico di Brera in Milano, ed i professori A. Di Legge, E. Millosevich e V. Reina. Né trascureremo di far menzione delle analoghe determinazioni eseguite a Monte Senario, S. Giusto, S. Romolo, Firenze (Istituto geogr. mil.) e Saltino (Vallombrosa) allo scopo precipuo del rilevamento geoidico della media Valle dell’Arno, come fu genialmente illustrato dal prof. Loperfido medesimo nella prefazione alla pubblicazione relativa. Così pure ricorderemo le nuove misure alla stazione astronomica di Castanea in Sicilia, concluse con un logico confronto fra i valori della latitudine e dell’azimut ricavati nel 1875 e quelli ottenuti nel 1910, nonché le analoghe determinazioni a Pietraquara, nella Marsica, dopo il disastroso terremoto del 1915. Accenneremo altresì alle operazioni astronomiche di Monte Li Foi di Picerno in Basilicata per dire, in ultimo, delle due stazioni astronomiche eseguite nel territorio riconquistato all’Italia e precisamente ad Aquileia nel 1921 ed a Cortina d’Ampezzo nell’anno 1924. Ognuno degli accennati lavori fu poi oggetto di speciale pubblicazione, in ciascuna delle quali è messa in luce la ragione che, volta per volta, consigliò la scelta delle diverse località e dove viene spiegata una qualche modificazione introdotta nel metodo delle osservazioni, o sono talvolta più diffusamente illustrati alcuni particolari in precedenza appena accennati. Oltre alle molte campagne di triangolazione e di livellazione geometrica di precisione, compiute durante i suoi primi anni di permanenza all’Istituto geografico nel territorio dello Stato, egli fu per due volte destinato ai lavori geodetici nella Colonia Eritrea, e che, nel 1912, e precisamente nel tumulto della guerra combattuta, ebbe l’incarico di provvedere e presiedere in Libia alle determinazioni astronomico-geodetiche occorrenti alla costruzione della Carta. Provvide personalmente alla determinazione della latitudine e dell’azimut dei vertici prescelti a Tripoli, Gargaresc, Lebda, Bengasi e Derna e diresse la misura delle curve di allineamento delle basi geodetiche tracciate in queste ultime quattro località, nonché le misure di livellazione geometrica in quei territori, ove le condizioni del momento lo permettevano. Si occupò inoltre della determinazione del coefficiente di rifrazione, come pure del gradiente termico, ed in ultimo anche degli elementi geometrici e nautici della marea nei porti di Tripoli, Lebda, Bengasi e Derna.

Sin dal 1904, dall’ epoca cioè nella quale, in seguito ad una trasformazione della costituzione interna degli organismi dell’Istituto geografico militare, fu istituito il Servizio geodetico, esso venne immediatamente posto alla diretta dipendenza del prof. Loperfido; ciò proseguì anche dopo il 1905, anno in cui vinse il concorso per il ruolo di Geodeta Capo. Oltre che la direzione del servizio geodetico, a questa figura è affidato anche il compito di regolare i Corsi di geodesia, che hanno la durata di due anni, che si effettuano presso l’Istituto geografico medesimo, ed a cui prendono parte ufficiali di Artiglieria e del Genio all’uopo comandati. Per tali corsi, che comprendono un programma vastissimo, il prof. Loperfido ha compilato un trattato completo, apprezzatissimo dai competenti e ricercato quanto mai dagli studiosi, ove sono svolte e discusse con mirabile chiarezza le teorie più varie e risolti, con vera originalità, i principali problemi che si riferiscono alla determinazione della forma della Terra. Quest’opera importantissima, riprodotta in numero rilevante di copie e di cui le prime tre parti sono, purtroppo, ormai completamente esaurite, consta di cinque volumi in cui la materia è così ripartita:

  • Volume I — Astronomia geografica;
  • Volume II — Teoria delle Carte geografiche;
  • Volume III — Trigonometria ellissoidica — Geodesia operativa — Misura di un arco terrestre;
  • Volume IV — Geodesia dinamica;
  • Volume V — Fondamenti matematici per il calcolo di compensazione delle reti geodetiche.

L’opera ha incontrato così favorevole accoglienza che è di continuo richiesta non solo dalle scuole degli ingegneri o da privati appassionati della materia, ma spesso anche dall’estero. Di pari passo a questi Corsi di Geodesia regolari, o classici che dir si voglia, vengono svolti poi Corsi accelerati indetti allo scopo di rendere idonei, in breve volger di tempo, gli ufficiali, espressamente comandati, alle determinazioni telemetriche e di tiro preparato, indispensabili all’uso dell’Artiglieria. Fu così che, sin dall’ inizio e poi durante tutta la guerra, furono istituiti prima presso la sede dell’Istituto geografico e poi stabilmente con rinnovamento continuo a Gemona corsi accelerati di Geodesia, ai quali il Prof. Loperfido presiedette.

Gemona, piccolo paese del Friuli-Venezia Giulia, che lo ebbe così ospite gradito per ben quattro anni, ha offerto al prof. Loperfido la cittadinanza onoraria. I brevi intervalli di tempo, che qualunque altro avrebbe dedicato alla distrazione o per lo meno al riposo, furono dedicati dall’ingegnere allo studio, consentendogli di addentrarsi negli studi letterari e di preferenza, poi in quelli storici e filosofici. Svolse il ruolo di articolista in alcune tra le riviste più apprezzate, dalle più rigidamente scientifiche a quelle che si interessano invece degli argomenti e delle questioni più varie; dalla “Rivista dell’Artiglieria e Genio” insomma, al “Secolo XX“, ed alla “Scienza per tutti“.

Volendo rimarcare l’ingegno, la profondità degli studi e l’attività prodigiosa del prof. Loperfido, si sottolinea come la storia di questo protagonista della genialità italiana sia partita dalla città di Matera, all’epoca disagiata e derisa. L’ingegnere morì a Campodoro il 9 agosto 1938. La città di Matera gli ha riconosciuto successivamente la dovuta importanza intitolandogli l’Istituto Tecnico Commerciale.

Si ringrazia Enzo Scasciamacchia per il prezioso contributo

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