Antonio Persio, filosofo

Nacque a Matera il 17 maggio 1542 da Altobello, scultore, e da Beatrice Goffredo; fu il primo di cinque fratelli. Trascorse un’infanzia difficile a causa di una grave malattia che gli provocò una temporanea paralisi degli arti superiori e inferiori. A occuparsi della sua prima istruzione e di quella dei suoi fratelli fu lo zio materno, l’umanista Leonardo Goffredo; l’ambiente familiare fu dunque assai stimolante e da ciò trassero profitto i giovani Persio che, a eccezione del secondogenito, Giovanni Battista, divennero personaggi di rilievo in varie discipline: Antonio si distinse in ambito filosofico, Giulio proseguì l’attività paterna di scultore, Domizio prese gli ordini e si dedicò alla pittura e Ascanio risaltò in campo umanistico-filologico.

Dopo aver proseguito gli studi nel monastero francescano della sua città natale, Persio scelse di abbandonare Matera, forse anche per il suo temperamento forte, che lo spingeva a porsi continuamente in contrasto con l’autorità paterna. Nel 1560 si recò a Napoli, dove, ordinato sacerdote, ebbe l’incarico di precettore di Lelio e Pietro Orsini, fratelli minori di Ferdinando Orsini, duca di Gravina e conte di Matera. Entrò in contatto con Bernardino Telesio, del quale divenne discepolo e intimo amico, tanto che il filosofo volle discutere proprio con lui la seconda edizione del De rerum natura iuxta propria principia, prima che vedesse la luce nel 1570, e a lui rese noto il proposito di dedicarsi anche a una terza stesura. Il magistero telesiano influenzò profondamente Persio, che divenne un attivo divulgatore del pensiero del filosofo cosentino e, negli anni seguenti, elaborò la sua filosofia a partire da una personale rilettura della sua dottrina.

Sul finire del 1570, dopo una breve permanenza a Roma, si trasferì a Perugia, in qualità di istitutore dei fratelli Orsini, che intendevano frequentare un corso di diritto civile e canonico nello Studio. Nella città umbra egli partecipò a numerose dispute e si legò ai fratelli Caetani; Camillo Caetani lo mise in contatto con Paolo Manuzio e, attraverso questi, con il figlio Aldo, in previsione del suo trasferimento a Venezia, che avvenne nella seconda metà del 1572. Il primo periodo del soggiorno veneziano – durante il quale Persio prestò servizio alle dipendenze del patrizio Giorgio Correr, come precettore del figlio Andrea – fu fecondo dal punto di vista della produzione intellettuale. Oltre a un importante commento alle Pandette, che venne pubblicato nel 1575 (tipografi F. De Franceschi, G. Bindoni, Er. N. Bevilacqua, D. Zenaro) e più volte ristampato, Persio si dedicò a ricerche di carattere prettamente filosofico. Nel De numero et qualitate elementorum (Milano, Biblioteca Ambrosiana, Mss., G.69 inf.), si scagliò contro il commento al De natura humana di Ippocrate a opera del medico Sebastiano Augeni, con il quale era entrato in contatto a Perugia, mostrando di interessarsi a questioni di carattere fisiologico in un’ottica teorica. L’attacco ad Augeni trascolora infatti in una critica della fisica aristotelica e in una difesa dell’eleatismo, nonché di un elemento teorico peculiare del pensiero di Telesio, ovvero l’affermazione del carattere caldo dell’acqua. Fin da questo primo testo, però, emerge come Telesio non sia l’unica fonte di Persio, il quale costruisce, in funzione antiaristotelica, un vero e proprio mosaico di concetti telesiani e brani delle Scholae physices di Pietro Ramo. L’Apologia pro Bernardino Telesio adversus Franciscum Patritium (Firenze, Biblioteca nazionale, Magl., XII.39), risalente al 1572 circa, segnò l’ingresso di Persio nella discussione che vide contrapposti Telesio e Francesco Patrizi: in essa confluirono le opinioni che Persio, in stretti rapporti con Patrizi fin dai primi tempi del suo soggiorno veneziano, aveva elaborato sulla sua filosofia. Come testimonia una lettera inviata a Gian Vincenzo Pinelli nel 1571 (Milano, Biblioteca Ambrosiana, Mss., S.107 sup., c. 125r), Persio conosceva a fondo la struttura delle Discussiones peripateticae come era stata concepita da Patrizi nel 1571, anno in cui fu stampato il primo tomo, e ne aveva individuato il fulcro in una ricerca delle fonti di Aristotele, volta a mostrare la dipendenza dello Stagirita, anche riguardo nuclei teorici nevralgici, da filosofi a lui precedenti.

Al 1574 risale la Disputatio habita in domo Iosephi Salviati cum Octavio Amaltheo, in qua tenet primum orbem non moveri a Deo effective (Roma, Biblioteca Corsiniana, Mss. Lincei, I), mentre l’anno successivo vide la luce a Venezia, per Giacono Simbeni, il Liber novarum positionum, raccolta dossografica che fu anche sottoposta al vaglio di una pubblica disputa nella casa di Correr e nella quale, ribadendo un interesse per gli studi giuridici che lo accompagnò per tutta la vita, Persio si firmò «Doctor in utriusque iuris». In quest’opera vengono prese in esame numerose opinioni della tradizione filosofica, relative a differenti branche del sapere – retorica, dialettica, etica, diritto, fisica –, per sottoporle al vaglio critico e offrire una rinnovata enciclopedia del sapere. Il dibattito pubblico che coinvolse questo testo suscitò interesse nell’Accademia Cosentina che, tramite Andrea Aletino, fece stampare a Firenze nel 1576 un racconto di queste discussioni, dal titolo Disputationes libri novarum positionum Antonii Persii, triduo habitae Venetii anno MDLXXV, mense Maio. Nello stesso anno, infine, fu pubblicata, per i tipi di Aldo Manuzio, l’opera più nota di Persio, il Trattato dell’ingegno dell’huomo, in cui egli, dopo alcune considerazioni di carattere metodologico tese a ribadire l’importanza dell’apporto offerto dai sensi, analizza uno dei nuclei concettuali più complessi del pensiero di Telesio, quello di spiritus – principio di animazione del corpo, che riceve ab externo i dati sensibili e li accoglie, mantenendone l’impronta e rendendo così possibile la conoscenza –, inserendolo però, tramite un sapiente intarsio di criptocitazioni telesiane e ficiniane, in un quadro più ampio, includente anche la tradizione del neoplatonismo rinascimentale. Dal 1576, quando ottenne un incarico con beneficio ecclesiastico nella diocesi di Padova, al 1590, anno in cui curò l’edizione della raccolta dei Varii de naturalibus rebus libelli di Telesio, Persio non si dedicò alla stesura di altre opere e soggiornò tra Padova e Venezia, eccezion fatta per qualche visita al fratello Ascanio a Bologna, dove questi insegnava.

Con il trasferimento a Roma, a seguito della rinuncia alla pieve patavina e di un breve periodo di studio tra Bologna e Pisa, ebbe invece inizio per Persio una nuova stagione creativa. Al servizio prima dei Caetani, poi dell’antico allievo Lelio Orsini – per il quale compì, nel biennio 1593-94, un viaggio a Firenze, città dalla quale inviò, a un destinatario ignoto, una lettera a proposito della polemica sul genere tragicomico (Milano, Biblioteca Ambrosiana, Mss., D.481 inf., c. 402) – e infine dei Cesi, egli scrisse tre opere di grande rilevanza: il De recta ratione philosophandi – testo di argomento logico, del quale è noto soltanto l’indice, pervenuto tramite l’Index capitum librorum Antonii Persii Lyncei Materani Civ. Rom. I.V.C. philosophi theologi praestantissimi. De ratione recte philosophandi et de natura ignis et caloris, redatto dopo la sua morte da Giovanni Bartolini e pubblicato a Roma nel 1615 presso Giacomo Mascardi, contenente peraltro anche una lista di numerose opere di Persio al momento perdute – il De natura ignis, il cui manoscritto è conservato a Roma, Biblioteca Corsiniana, Arch. Linc., VI-VII, e il Del bever caldo costumato dagli antichi romani, edito a Venezia nel 1593 (G.B. Ciotti). Con quest’ultimo testo Persio si inserì in una vivace querelle che intrecciava a interessi eruditi – cercare di stabilire se i romani fossero soliti mescolare il vino ad acqua calda o fredda – analisi di carattere medico. Sostenere il carattere caldo dell’acqua significava, infatti, appoggiare l’idea telesiana secondo cui l’unico spiritus di cui l’uomo è dotato, la cui caratteristica primaria è il calore, deve assumere, per conservarsi, elementi a sé simili, in netta contrapposizione ai sostenitori della teoria degli umori e della presenza di una pluralità di spiriti che devono essere equilibrati attraverso elementi contrari. Il trattato di Persio, che ebbe il merito di inserire i nuclei tematici del dibattito in una cornice teorica di ampio respiro, rese la disputa ancor più animata: in suo favore intervennero infatti sia Giusto Lipsio sia Tommaso Campanella. Il filosofo fiammingo, fautore del ‘bere caldo’, rispose nel novembre 1603 a una lettera in cui Persio lo informava degli attacchi di cui erano oggetto le sue tesi, palesando il suo sostegno all’opera (G. Lipsio, Epistolarum selectarum centuria quinta, in Id., Opera omnia, II, Anversa 1637, lettera a Persio del 3 novembre 1603, p. 235), e Campanella scrisse un’Apologia pro abbate Persio de calidi potus usu, la cui redazione originaria è andata perduta.

Il supporto offerto da Campanella rappresenta l’esito di una profonda comunanza, stabilitasi in questi anni, tra i due filosofi, entrambi legati agli insegnamenti di Telesio e, in ambiente romano, all’Accademia dei Lincei: fu proprio a Persio che Campanella sottopose la sua Apologia pro Telesio contro il medico Andrea Chiocco, smarrita poi da Kaspar Schoppe in Germania nel 1608, nella quale, in accordo con il filosofo materano, egli sosteneva con forza l’unità dello spiritus. Dopo aver ceduto al fratello Domizio il beneficio connesso all’abbazia di S. Maria de Armenis a Matera, concessogli nel 1596, e aver rinunciato al decanato del capitolo metropolitano di Matera, che gli era stato conferito l’anno seguente, Persio tornò a dedicarsi ad argomenti giuridici e scrisse un’opera – rimasta inedita (ad esempio, a Milano, Biblioteca Ambrosiana, Mss., Y.37 sup.), ma che ebbe una straordinaria diffusione – a proposito dell’interdetto veneto: il Trattato dei portamenti della signoria di Venezia verso Santa Chiesa e quante volte sia stata scomunicata. Nel 1611 conobbe Galileo Galilei il quale, dopo la sua morte, si interessò al progetto di pubblicazione dei suoi scritti promosso – ma mai portato a compimento – dall’Accademia dei Lincei. Persio morì a Roma il 22 gennaio 1612 nel palazzo del cardinale Cesi in Borgo e venne sepolto nella Chiesa di S. Onofrio. A coronamento di un percorso intellettuale di primo piano giunse, nello stesso anno, l’ascrizione postuma all’Accademia dei Lincei. Il Trattato dell’ingegno dell’huomo, con in appendice Del bever caldo, è edito a cura di L. Artese, con premessa di E. Canone e G. Ernst, Pisa-Roma 1999. Fonti e Bibl.: F. Fiorentino, B. Telesio, ossia studi su l’idea della natura nel Risorgimento italiano, II, Firenze 1814, pp. 358-364; Id., Di un manoscritto di A. P. sulla questione ecclesiastica nel secolo XVII, in Rivista europea, III (1877), pp. 707-712; G. Gabrieli, Notizia della vita e degli scritti di A. P. linceo, in Rendiconti dell’Accademia dei Lincei. Classe di scienze morali, storiche e filosofiche, s. 6, IX (1933), pp. 471-479; L. Firpo, Appunti campanelliani, in Giornale critico della filosofia italiana, XXI (1940), pp. 431-435; E. Garin, Telesiani minori, in Rivista critica di storia della filosofia, XXVI (1971), pp. 199-204; Id., Nota telesiana: A. P., in Id. La cultura filosofica del Rinascimento italiano, Firenze 1979, pp. 432-441; L. Artese, A. P. e la diffusione del ramismo in Italia, in Atti e memorie dell’Accademia toscana di scienze e lettere ‘La Colombaria’», XLVI, (1981), pp. 83-116; Id., Una lettera di A. P. al Pinelli, notizie intorno all’edizione del primo tomo delle Discussiones del Patrizi, in Rinascimento, XXXVII, (1986), pp. 339-348; Id., Filosofia telesiana e ramismo in un inedito di A. P., in Giornale critico della filosofia italiana, LXVI (1987), pp. 433-458; E. Garin, Il termine ‘spiritus’ in alcune discussioni fra Quattrocento e Cinquecento, in Id., Umanisti artisti scienziati, studi sul Rinascimento italiano, Roma 1989, pp. 295-303; L. Artese, Il rapporto Parmenide-Telesio dal P. al Maranta, in Giornale critico della filosofia italiana, LXX (1991), pp. 15-34; M. Padula – C. Motta, Antonio e Ascanio Persio, il filosofo e il filologo, Matera 1991; L. Bolzoni, Conoscenza e piacere. L’influenza di Telesio su teorie e pratiche letterarie fra Cinque e Seicento, in Bernardino Telesio e la cultura napoletana, Napoli 1992, pp. 203-239.

Si ringrazia Enzo Scasciamacchia per la preziosa collaborazione

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