Ascanio Persio, celebre linguista, umanista e grecista italiano

Ascanio Persio nacque a Matera il 9 marzo 1554 da Altobello, scultore, e da Beatrice Goffredo, ultimo di cinque fratelli: Antonio, Giovanni Battista, Giulio (da cui nacque il giureconsulto e poeta Orazio, 1579-1649), Domizio. Così come il fratello Antonio, si formò a Matera alla scuola tenuta dallo zio materno Leonardo e poi nel convento di S. Francesco, dove studiò logica e filosofia. Probabilmente seguì le orme di Antonio, che, dal 1560 a Napoli, divenne precettore di Lelio e Pietro Orsini, fratelli minori di Ferdinando Orsini, duca di Gravina e conte di Matera; poi si legò alla famiglia Caetani e fu amico di Aldo Manuzio: tutti personaggi con cui anche Ascanio strinse rapporti.

Negli anni Settanta Persio fu a Roma, in familiarità con Marc-Antoine Muret e con il letterato sulmonese Ercole Ciofano, e a Venezia. Qui nel 1574 pubblicò, in una stampa sine notis, ma edita da Aldo Manuzio, La corona d’Arrigo III re di Francia, e di Polonia, componimento d’occasione per il passaggio sulla laguna del nuovo re di Francia Enrico III diretto a Parigi per salire sul trono di Francia, composto «in verso volgare Heroico Patritiano», cioè nel verso di tredici sillabe adottato da Francesco Patrizi nel poemetto mitologico Eridano (Ferrara 1557) per ovviare all’inadeguatezza dei metri italiani alla nobiltà dell’epica. Testimonianza dell’amicizia che lo legò ad Aldo Manuzio è la dedica a Persio del “Lepidi comici veteris Philodoxios fabula ex antiquitate eruta ab Aldo Manuccio“, che Manuzio pubblicò a Lucca nel 1588 con questo frontespizio, incorrendo però in un infortunio, poiché si tratta della commedia autobiografica Philodoxeos scritta da Leon Battista Alberti che si firmò con il nome di Lepido, ingannando a lungo i lettori.

Persio studiò lettere greche e latine all’Università di Padova, ma frequentò anche i corsi di filosofia di Iacopo Zabarella. Il 26 settebre 1586 ottenne a Bologna la cattedra di lingua greca, libera per la morte di Pompilio Amaseo, per un biennio con lo stipendio di 800 lire. Negli anni successivi fu confermato senza interruzione, con progressivi aumenti di stipendio, l’ultima volta a vita nel 1609, con l’elevato stipendio di 2000 lire, quando però gli restava poco da vivere. Gli studi filosofici avevano intanto prodotto i Logicarum exercitationum libri duo priores critici (Venezia, F. Valgrisi, 1585) con dedica a Lelio Orsini suo ‘mecenate’, in cui postillò la critica scritta da Bernardino Petrella, professore di filosofia a Bologna, alla Logica di Zabarella, prendendo posizione a favore di quest’ultimo. Seguirono i Logicarum exercitationum liber tertius apologeticorum primus (Bologna, G. Rossi, 1586) e la Defensio criticorum et apologetici primi, quos edidit adversus Bernardini Petrellae logicam in Patavino Gymnasio primo loco profitentis logicas disputationes (Bologna, G. Rossi, 1587). Solo il 10 febbraio 1589 conseguì anche la laurea in filosofia, dopo la quale gli fu dato l’incarico di leggere Aristotele in greco. Sul versante degli studi greci Persio compilò un lessico del I libro dell’Iliade (ne diede notizia per lettera a Roberto Titi il 20 agosto 1597, in Lettere memorabili, 1693, p. 124), pubblicato a cura dell’allievo Grazio Lodi Garisendi con il titolo Indicis in Homeri poemata, quae extant omnia, Graecolatini, et Latinograeci, qui scholiorum fere vicem explere possis, ab Ascanio Persio diligentissime constructi, specimen (videlicet in primum Iliados uterque index)(Bologna, Er. G. Rossi, 1597, precede una lettera di Aldo Manuzio, contenente l’elogio dell’opera). L’indice si compone di un elenco greco-latino e di uno latino- greco; l’opera è presentata come parte di un lavoro lessicografico completo sulle opere omeriche, al quale però non risulta che Persio si sia effettivamente applicato. Lo Specimen ebbe tuttavia risonanza negli studi omerici successivi. Il solo indice greco-latino fu ristampato, in versione ridotta senza glosse, in calce alle Commentationes in I lib. Iliad. Homeri del grecista tedesco Martin Kraus (Crusius) ([Heidelberg], G. Voegelin, 1612, cc. N2r-O6v, che dichiara la dipendenza da una edizione romana, molto probabilmente mai esistita) e, completo, nei Commentarii in Iliadem di Eustazio a cura di Alessandro Politi (I, Firenze 1730, pp. XLI-LXVII).

A conferma del radicamento nella vita culturale cittadina, fu conferita a Persio la cittadinanza bolognese. Compose in italiano, latino e greco la Historia della s. imagine della gloriosa Vergine, la quale si serba sul monte della Guardia presso Bologna, nella chiesa di S. Luca, da cui fu dipinta, pubblicata con ampio corredo di versi di autori non solo bolognesi, nei Componimenti poetici volgari, latini et greci di diversi, sopra la S. immagine della beata Vergine dipinta da san Luca la quale si serba nel monte della Guardia presso Bologna, con la sua historia in dette tre lingue scritta da Ascanio Persii (Bologna, V. Benacci, 1601). La Historia fu acclusa nella Vita b. mem. Nicolai Albergati Carthusiani, episcopi Bononiensis edita a Colonia nel 1618 dal certosino Georg Garnefeld, insieme con le biografie di Albergati (1373-1443) di Giacomo Zeno, Poggio Bracciolini e Carlo Sigonio e scritti di altri autori.

Le relazioni intellettuali intrattenute da Persio con letterati italiani e stranieri si ricostruiscono per lo più sulla base delle testimonianze epistolari, a stampa e manoscritte. Nell’ottobre 1592 conobbe Tommaso Campanella, di passaggio a Bologna diretto a Padova. In stretti rapporti con il fratello di Persio, Antonio, Campanella era allora già sospetto al S. Uffizio; il nome di Persio emerse in un interrogatorio di Campanella durante il processo a cui fu sottoposto nel 1594 presso il tribunale dell’Inquisizione, ma solo come testimone di opinioni contrarie alla fede cattolica espresse da altri. Altri personaggi con i quali Persio fu in contatto sono Ulisse Aldrovandi, Giovan Vincenzo Pinelli, il latinista tedesco Valtin Havekenthal (Valens Acidalius), studente di filosofia e medicina a Bologna nel 1590-93, Bellisario Bulgarini, Antonio Quarenghi. Della sua abilità di verseggiatore in greco, riconosciutagli dai contemporanei, resta testimonianza nel ms. J.149 inf. della Biblioteca Ambrosiana di Milano e nel Vat. lat. 3435, cc. 63r, 64r (un epigramma a Ippolita Paleotti e una lettera, autografi). Collegamenti con ambienti liguri si ricavano dalla lettera di Pinelli a Manuzio del 26 ottobre 1584 (Inedita Manutiana, 1960, p. 538), nella quale si legge che Persio aveva avuto dal Comune di Genova l’incarico di volgarizzare la Historia Genuensis di Uberto Foglietta, allora in stampa, ma l’incarico gli era stato tolto per dissidi sopraggiunti. Un Discorso geografico intorno alla città di Savona, sulla discussa origine e ubicazione della città ligure, composto su richiesta di Giovanni Antonio Magini, risale al 1602.

Persio morì a Bologna il 1° febbraio 1610. Fu sepolto nella chiesa delle suore di S. Agostino; sul sepolcro fu collocato un busto marmoreo e un epitafio dettato da Antonio (il testo in Fantuzzi, 1788, p. 373). Dal matrimonio con la bolognese Costanza Virgili non ebbe prole. L’opera a cui Persio deve la sua fama moderna è il Discorso intorno alla conformità della lingua italiana con le più nobili antiche lingue, e principalmente con la greca, stampato per la prima volta a Venezia nel 1592 da Giovan Battista Ciotti, al quale l’operetta fu mostrata da Giovan Giacomo Tognali. Ciotti se ne entusiasmò a tal punto da pubblicarla senza autorizzazione dell’autore con dedica a Tognali (2 marzo). Lo stesso anno Persio provvide a una ristampa bolognese per Giovanni Rossi, emendata dagli errori tipografici e con dedica a Bonifacio Caetani (1568-1617, al quale e al di lui casato Persio professa la sua devozione e la sua riconoscenza) mantenendo però quella di Ciotti a Tognali. Il Discorso mutua il titolo dal Traicté de la conformité du langage françois avec le grec di Henri Estienne (Genève 1565), in cui il letterato francese aveva studiato il rapporto del francese con il greco piuttosto che con il latino, prendendo però le distanze dalla corrente di studi sviluppatasi in Francia a partire dal terzo decennio del XVI secolo (Joachim Périon, Jean Picard), intorno al tentativo di provare la corrispondenza del francese con il greco antico o addirittura una presunta discendenza, mediata dal celtico parlato dagli antichi abitatori delle Gallie anteriormente alla romanizzazione. In effetti, nel Discorso il greco occupa una posizione praticamente esclusiva. Preoccupazione costante di Persio è di estendere l’orizzonte della sua indagine a tutti i volgari della penisola, nei quali si è disseminata, attraverso differenti vicende storiche, l’eredità ellenica. L’indagine di Persio ha il pregio di portare la scienza etimologica a dialogare con la frammentazione del volgare, che costituiva una specificità della situazione italiana, con la quale gli studiosi francesi non si erano dovuti misurare. Notevole è l’apertura verso l’eredità viva del greco in alcune zone del Meridione, distinta dal greco classico, «che da molto tempo in qua vive solamente ne’ libri» (p. 16), rispetto al quale Persio avverte il problema di rintracciare conformità con la lingua parlata. Persio unisce così, con mirabile equilibrio, competenza etimologica, indagine sul campo e proposta di una lingua italiana che, pur riconoscendo l’eccellenza del toscano («benché in universale la Toscana lingua con molta ragione a tutte le altre Italiane s’antepone», p. 24), non disdegna di accogliere voci proprie ed espressive di altre regioni qualora siano legittimate dal greco e il toscano sia sprovvisto di un termine equivalente.

In alcuni passaggi del Discorso Persio dichiara di andare raccogliendo da anni molte «conformità» della lingua greca e latina con la italiana, oltre a diverse «somiglianze» con altre lingue, e tale materiale etimologico, già alquanto voluminoso, sarebbe andato a comporre «un grosso volume», la cui pubblicazione egli era costretto a differire a causa degli impegni di lavoro e del progredire dei confronti tra le lingue, che aumentavano costantemente le schede destinate a trovare posto nel libro (pp. 10-11). Il Discorso costituirebbe un anticipo di questa monumentale opera etimologica, che però non fu mai portata a termine e della quale ci restano solo alcune etimologie di parole e frasi nel ms. Ambrosiano R.109 sup. Il Discorso geografico è edito in Sabatia, scritti inediti o rari, a cura di G. Cortese, Savona 1885, pp. 1-10 (e in G.V. Verzellino, Delle memorie particolari e specialmente degli uomini illustri della città di Savona, I, Savona 1885, pp. 91-98, in entrambi senza indicazione del manoscritto). Il Discorso intorno alla conformità della lingua italiana è stato riproposto all’attenzione degli studiosi da Francesco Fiorentino, con una premessa in forma di epistola a Francesco Lomonaco (Napoli 1874; ristampata in Padula – Motta, 1991, pp. 125-139); l’ed. anast. della stampa bolognese è a cura di T. Bolelli, Pisa 1985 (ristampata in Padula – Motta, 1991, pp. 83-124, insieme con la riproduzione di Bolelli, 1967, alle pp. 141-166). Fonti e Bibl.: V. Havekenthal (Valens Acidalius), Epistularum centuria I, Hannoviae 1606, pp. 133- 135, 140-144, 186-189; Lettere memorabili, istoriche, politiche, a cura di A. Bulifon, I, Napoli 1693, pp. 123-126; T. Tasso, Le lettere, a cura di C. Guasti, III, Firenze 1855, p. 150; Inedita Manutiana 1502-1597, a cura di E. Pastorello, Venezia 1960, ad ind.; G. Chiabrera, Lettere, Firenze 2003, pp. 110 s. (i rinvii nell’indice a pp. 122, 134 si riferiscono, a mio avviso, ad altro personaggio). G. Fantuzzi, Notizie degli scrittori bolognesi, VI, Bologna 1788, pp. 372-378; S. Mazzetti, Repertorio di tutti i professori antichi e moderni della famosa Università di Bologna, Bologna 1848, p. 241; Catalogo dei manoscritti di Ulisse Aldrovandi, a cura di L. Frati, Bologna 1907, ad ind.; L. Firpo, Appunti campanelliani, in Giornale critico della filosofia italiana, XXI (1940), pp. 431-434; E. Pastorello, Epistolario manuziano, Venezia 1957, ad ind.; P.O. Kristeller, Iter italicum, I, II, V, VI, London-Leiden 1960-1992, ad indices (talora confuso con Antonio); T. Bolelli, A. P. linguista e il suo «Discorso», in L’Italia dialettale, 1967, vol. 30, pp. 1-28; M. Padula – C. Motta, Antonio e A. P.: il filosofo e il filologo, Matera 1991; A. Daniele, Sviluppo della critica, in Storia letteraria d’Italia, Il Cinquecento, a cura di G. Da Pozzo, III, Padova 2006, p. 1536; G. Sacchi, Esperienze minori della mimesi, ibid., II, Padova 2006, pp. 1068 s.; F. Pignatti, Etimologia e proverbio nell’Italia del XVII secolo. Agnolo Monosini e i «Floris Italicae linguae libri novem», Manziana 2010, pp. 118-127 e ad ind.; V. Cox, The prodigious Muse. Women’s writing in counter-reformation Italy, Baltimore (MD) 2011, pp. 263, 299 n. 41; A. Lucano Larotonda, Riprendiamoci la storia. Dizionario dei Lucani, Milano 2012, pp. 416 s.; D. Danesi, Cento anni di libri: la biblioteca di Bellisario Bulgarini e della sua famiglia, circa 1560-1660, Pisa 2014, pp. 14, 216.

Si ringrazia Enzo Scasciamacchia per il prezioso contributo

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