L’Unità d’Italia, l’uccisione del Conte Gattini ed il brigantaggio

I secoli XVII e XVIII furono molto difficili sotto l’aspetto della vita nei Sassi. Al contrario della Civita, dove le famiglie nobili vivevano in condizioni di vita agiate, i Sassi divennero sempre più poveri. Il forte aumento demografico, che portò gli antichi rioni in tufo a raggiungere una popolazione di circa ventimila abitanti, costrinse i materani a ricavare abitazioni in qualsiasi luogo disponibile. Le grotte adibite a cisterne per la raccolta delle acque, stalle per gli animali o piccoli depositi, successivamente divennero case per famiglie numerosissime e per i loro animali. I sovraffollati vicinati assunsero così le sembianze di veri e propri ghetti contadini; iniziò il processo che portò Matera, nel corso dei decenni, ad essere considerata la “Vergogna nazionale“.

(famiglia in una tipica abitazione nei rioni Sassi)

A ridosso dell’Unità d’Italia, precisamente tra luglio ed agosto del 1860, la città di Matera fu teatro di un episodio sanguinoso che per anni è stato considerato uno dei primi fenomeni appartenenti al brigantaggio, ma che in realtà gli storici attestano come legato esclusivamente alla spartizione dei terreni voluta fortemente dai contadini materani: nessun legame quindi con i moti liberali dell’epoca. In uno scenario politico che vedeva la contrapposizione tra classe nobile, filo-conservatrice e quindi a favore dei Borboni, e borghesia, vogliosa di cambiamento e quindi pro-liberale, i contadini materani premevano affinché si potesse dar seguito alla spartizione dei terreni agricoli, tante volte promessa ma mai attuata. I nobili riuscirono ad aizzare i contadini contro la classe borghese ed a farne le spese fu il liberale Conte Francesco Gattini ed i suoi collaboratori; questi furono uccisi dalla folla in piazza del Sedile, a colpi di pugnale, il giorno 8 agosto 1860.

(Giovanni Battista Pentasuglia, il materano che ha partecipato alla spedizione dei Mille)

Il 5 maggio 1860 partì da Quarto (Genova) la spedizione dei Mille,  comandati da Giuseppe Garibaldi, nell’intento di appoggiare le rivolte scoppiate in Sicilia e capovolgere il governo dei Borboni nell’Italia meridionale. Fece parte della spedizione anche il materano Giovanni Battista Pentasuglia (detto Giambattista), specialista in telegrafia. Il combattente materano riuscì ad impadronirsi degli uffici telegrafici di Marsala, bloccando di fatto ogni tipo di trasmissione tra i nemici. L’esercito di Garibaldi gradualmente riuscì a sconfiggere i Borboni e consegnò simbolicamente il Sud Italia a Vittorio Emanuele II il 26 ottobre 1860, con il famoso incontro di Teano. In seguito ai vari plebisciti ed alla conquista dell’Umbria e delle Marche, il 17 marzo 1861 nacque ufficialmente il Regno d’Italia e Vittorio Emanuele II si autoproclamò Re. Pentasuglia seguì la spedizione dei Mille fino al fiume Volturno.

(vecchie abitazioni nei Sassi di Matera)

Con l’Unità d’Italia ebbe inizio nelle regioni meridionali il famoso fenomeno di ribellione, meglio conosciuto come “Brigantaggio”. I più famosi briganti che agirono nel territorio materano furono gli appartenenti alle bande di Rocco Chirichigno di Montescaglioso, Vincenzo Mastronardi di Ferrandina, Eustachio Fasano di Matera ed infine, circa trent’anni più tardi, Eustachio Chita (meglio conosciuto come “Chitaridd“, soprannome dovuto alla sua esigua altezza); gli atti compiuti da quest’ultimo vengono considerati dagli storici più legati al mondo della delinquenza che a forme di protesta. L’estremo disagio in cui versava il Sud Italia spinse nel 1902 il presidente del consiglio Zanardelli a far visita in Basilicata. Constatata l’estrema povertà ed arretratezza, Zanardelli emanò una Legge Speciale per combattere in queste terre la dilagante malaria e lo scarso approvvigionamento idrico.

(1926, inaugurazione del nuovo ospedale San Rocco con la presenza di Re Vittorio Emanuele III)

La Prima Guerra Mondiale costò alla città di Matera 271 morti sul fronte. A questi si aggiunsero i numerosissimi decessi a seguito dell’ondata di febbre spagnola che si diffuse nel meridione, trovando terreno fertile nei Sassi, dove mancavano i requisiti igienici basilari. Il Regime Fascista, che si insediò negli anni ’20, effettuò a Matera numerose opere di risanamento nei vecchi rioni in tufo: ci riferiamo soprattutto alla totale copertura dei “Grabiglioni“, vere e proprie fogne e discariche a cielo aperto (in cui le famiglie dei Sassi smaltivano qualsiasi tipologia di rifiuto) che terminavano la loro corsa nel torrente Gravina, il rifacimento di via Madonna delle Virtù, che collega il Sasso Barisano al Sasso Caveoso, oltre che al restauro di alcune importanti chiese. In questi anni la città fu dotata del primo allacciamento con l’acquedotto (l’Acquedotto Pugliese), oltre che di un nuovo ospedale, quest’ultimo inaugurato (insieme al Monumento ai Caduti della Prima Guerra Mondiale) da Re Vittorio Emanuele III nel 1926. Anche il Duce Mussolini visitò Matera nel 1936, a pochi anni dallo scoppio della Seconda Guerra Mondiale. Infine, sempre al Regime Fascista si deve la bonifica di numerose zone paludose nel materano, specie nel metapontino.

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