Il confino di Carlo Levi e la ribellione contro i nazisti: medaglia d’oro al Valor Civile

(Carlo Levi incontra i contadini lucani)

Nel 1927 la città di Matera divenne capoluogo di provincia. A partire dal 1935 lo scrittore, medico e pittore torinese Carlo Levi, accusato di essere un oppositore del Regime Fascista, fu mandato al confino nella provincia materana: la prima destinazione fu Grassano e, successivamente, su indicazione del Prefetto di Matera (che considerava questa sede poco sicura data la vicinanza allo scalo ferroviario), Aliano (paese che per volontà dello stesso scrittore ne conserva la salma dopo la sua morte, avvenuta il 4 gennaio 1975). Levi toccò con mano la triste realtà dell’Italia meridionale e della Lucania, un territorio arretrato, povero, in cui gli uomini morivano per le malattie più svariate. Proprio lo scrittore torinese, che più volte visitò la città di Matera, in questi anni scrisse il libro “Cristo si è fermato ad Eboli” (pubblicato nel 1945) divenuto il simbolo della Questione Meridionale; una sorta di grido d’allarme verso le istituzioni ed il governo centrale per quella che fino ad allora era una situazione sconosciuta a molti. Il Palazzo Lanfranchi di Matera, sede del Museo di Arte Medioevale e Moderna della Basilicata, conserva numerose opere di Levi che aiutano a capire la Lucania di quell’epoca.

(scene di vita contadina nei Sassi di Matera)

“Arrivai a Matera verso le undici del mattino. Avevo letto nella guida che è una città pittoresca, che merita di essere visitata, che c’è un museo di arte antica e delle curiose abitazioni trogloditiche. Ma quando uscii dalla stazione, un edificio moderno e piuttosto lussuoso, e mi guardai attorno, cercai invano con gli occhi la città. La città non c’era. Allontanatomi ancora un poco dalla stazione, arrivai a una strada, che da un solo lato era fiancheggiata da vecchie case, e dall’altro costeggiava un precipizio. In quel precipizio c’era Matera.”

(Carlo Levi, Cristo si è fermato a Eboli)

All’interno del museo sono conservate ben 41 opere realizzate dall’artista torinese. Quella che desta maggior interesse, e che forse meglio sintetizza le condizioni di vita nell’estremo Sud Italia, è “Lucania ’61”: si tratta di una tela enorme, lunga ben 18,50 metri ed alta 3,20, realizzata per rappresentare la Basilicata alla mostra “Italia ’61” (svoltasi, per l’appunto, nel 1961 per celebrare il centenario dell’unità d’Italia) ed esposta al primo piano del palazzo Lanfranchi. L’opera è stata dedicata allo scrittore, poeta e politico lucano Rocco Scotellaro, nato a Tricarico e morto nel 1953.

(tela “Lucania ’61”, esposta presso il Museo di Arte Medioevale e Moderna della Basilicata “Palazzo Lanfranchi”)

Il filo conduttore della maestosa opera “Lucania ’61” è proprio Scotellaro, considerato da Levi il poeta contadino, rappresentato in diverse fasi della sua vita: prima morto nella parte sinistra, accerchiato da donne intente a svolgere “il consolo”, successivamente adolescente, vicino una donna incinta, ed infine ragazzo nella parte destra, tra la folla in cui si riconoscono illustri intellettuali come Zanardelli, Nitti, Fortunato e Dorso. Fanno da sfondo alla rappresentazione delle tipiche scene della civiltà contadina lucana: animali da lavoro e vita nei campi, nel magico scenario delle grotte e dei calanchi lucani.

(Carlo Levi tra i calanchi lucani)

L’intellettuale torinese ha rivestito un ruolo fondamentale nel processo di divulgazione della realtà lucana nel mondo, per questo sia Matera sia Aliano non l’hanno dimenticato. Nella città dei Sassi, come già detto, vive attraverso le numerose opere esposte nel museo di palazzo Lanfranchi; nel cimitero del paese del suo confino, invece, giace la sua salma, mentre nel centro abitato è stato realizzato il “Parco letterario Carlo Levi”, un museo ed una fucina di eventi nei luoghi in cui l’intellettuale ha vissuto. Sempre nel paesino attorniato dai calanchi ogni anno si svolge il “Premio letterario nazionale Carlo Levi”. Sempre in “Cristo si è fermato ad Eboli” così Levi racconta di Matera:

Questi coni rovesciati, questi imbuti si chiamano Sassi, Sasso Caveoso e Sasso Barisano. Hanno la forma con cui a scuola immaginavo l’inferno di Dante. E cominciai anche io a scendere per una specie di mulattiera, di girone in girone, verso il fondo. La stradetta, strettissima, che scendeva serpeggiando, passava sui tetti delle case, se quelle così si possono chiamare. Sono grotte scavate nella parete di argilla indurita del burrone: ognuna di esse ha sul davanti una facciata; alcune sono anche belle, con qualche modesto ornato settecentesco. Queste facciate finte, per l’inclinazione della costiera, sorgono in basso a filo del monte, e in alto sporgono un poco: in quello stretto spazio tra le facciate e il declivio passano le strade, e sono insieme pavimenti per chi esce dalle abitazioni di sopra e tetti per quelli di sotto.

(Carlo Levi, Cristo si è fermato ad Eboli)

Ed ancora sulla città dei Sassi:

“Chiunque veda Matera non può non restarne colpito, tanto è espressiva e toccante la sua dolente bellezza.”

(Carlo Levi)

Matera è famosa anche per essere stata la prima città del Mezzogiorno ad essere insorta contro i nazisti nella Seconda Guerra Mondiale, per questo motivo è stata insignita della Medaglia d’Oro al Valor Civile. Dopo lo sbarco degli alleati in Sicilia il 10 luglio 1943, l’Italia per mano del generale Badoglio, divenuto capo del governo militare, firmò con l’esercito alleato l’armistizio di Cassibile il giorno 8 settembre 1943. I tedeschi si apprestavano alla ritirata, compiendo numerosi saccheggi e soprusi nei confronti dei civili. Il popolo materano il 21 settembre 1943 si ribellò agli oppressori nazisti e li costrinse ad accelerare la ritirata. Gli scontri a fuoco in città durarono diverse ore, numerose furono le vittime soprattutto tra i materani. L’ultimo atto di questa sanguinosa giornata fu la cattura di 16 civili, i quali furono rinchiusi nel palazzo della Milizia che successivamente fu fatto esplodere; un solo civile si salvò, rinvenuto dai vigili del fuoco tra le macerie il giorno successivo.

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(immagine d’epoca della Milizia di Matera, via Cappuccini)

Terminò così la “Strage di Matera”, un episodio con cui la città pagò con 26 vittime, di cui 18 civili, la riconquista della dignità. La città di Matera ricorda annualmente i suoi caduti con numerose celebrazioni che si svolgono in piazza Vittorio Veneto, dove è presente il Monumento ai Caduti della Prima Guerra Mondiale, e presso il monumento del Palazzo della Milizia (in via Cappuccini).

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