I “Grabiglioni” nei Sassi

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Matera è conosciuta anche come la città scavata nella roccia. In quest’area l’uomo ha potuto adattare il territorio in base alle proprie esigenze, riuscendo a sfruttare la “facilità” di lavorazione del tufo, una roccia sedimentaria calcarenitica che caratterizza tutto l’altopiano murgiano e quindi anche la Murgia Materana. L’azione erosiva del torrente Gravina su questo tipo di roccia ha determinato l’attuale conformazione del territorio, molto simile ad un gran Canyon. L’area murgiana non presenta grandi corsi d’acqua, tuttavia la falda acquifera è molto ricca per via dell’alto grado di permeabilità del terreno. Per far fronte alla scarsità di risorse idriche, i materani, man mano che il centro abitato si espandeva, hanno realizzato un complesso sistema di raccolta e conservazione delle acque piovane e di quelle provenienti dalle fonti del sottosuolo. Il versante occidentale della Gravina presentava due piccoli corsi d’acqua, in seguito chiamati “Grabiglioni”, inizialmente poco pronunciati, alimentati dalla falda acquifera e dalla fonte di acqua sorgiva della collina del Castello Tramontano, detta anche collina di Lapillo. Questi fiumiciattoli scendevano a valle per poi alimentare il torrente sottostante.

Fino al Medioevo, all’incirca intorno al XIII secolo, li dove oggi sorgono i Sassi vi erano gruppi distanziati di case, concentrate intorno ai casali ed ai cenobi benedettini; le acque di scolo terminavano nella Gravina seguendo i numerosi giardini e terrazzamenti presenti. A seguito dell’espansione cittadina, con il passare dei secoli la vallata si trasformò in un ammasso di abitazioni, meglio conosciuti oggi come rioni Sassi. Qualunque spazio libero diventò edificabile. L’espansione del complesso urbano mantenne tuttavia inalterati i due grabiglioni, che anzi divennero importantissimi canali in cui si riversavano le acque di scolo ed i rifiuti, sia liquidi sia solidi. I grabiglioni si estendevano al centro delle due vallate presenti a sinistra ed a destra della Civita, tagliando perfettamente a metà il Sasso Barisano e Caveoso; il percorso che questi piccoli corsi d’acqua seguivano combaciava con le vie che attualmente rappresentano le principali arterie dei Sassi: il primo grabiglione percorreva via Fiorentini e via Sant’Antonio Abate, per poi riversarsi nella Gravina all’altezza di via Madonna delle Virtù, il secondo grabiglione scendeva da via Buozzi e terminava nel torrente da piazza San Pietro Caveoso (foto in alto).

ponte_di_noia_grabiglione_sasso_barisano_matera_1905A cavallo dei grabiglioni nacquero numerosi ponticelli, alcuni di medie dimensioni come il ponte di Noia (nel Sasso Barisano, foto a sinistra), che permettevano l’attraversamento dei due canali. L’espansione demografica rese ancora più urgente il problema dell’approvigionamento idrico delle abitazioni dei rioni in tufo. I materani, sfruttando le caratteristiche che il territorio presenta, costruirono nel corso dei secoli un insieme capillare di piccoli condotti che servivano per alimentare le cisterne delle abitazioni con l’acqua piovana e della falda acquifera. La fonte di acqua sorgiva proveniente dal Castello Tramontano alimentava entrambi i grabiglioni dei Sassi. Per quanto riguarda il grabiglione del Sasso Barisano il corso d’acqua giungeva esattamente nel punto in cui nel 1577 fu realizzata, su ordine dell’Arcivescovo Sigismondo Saraceno, una fontana, nell’area che corrisponde all’attuale piazza Vittorio Veneto. Circa tre secoli dopo, precisamente nel 1832, fu eretta nello stesso luogo una nuova fontana, detta Fontana Ferdinandea dal nome di Re Ferdinando II, appartenente alla dinastia dei Borboni che controllava il Regno delle Due Sicilie in quell’epoca. Oltre alla costruzione della nuova fontana, il XIX secolo vide numerose altre novità per quanto riguarda il sistema idrico cittadino. Per volere di mons. Di Marco furono finanziate e messe in opera importanti opere di canalizzazione della falda acquifera che alimentava la Fontana Ferdinandea e fu realizzato un acquedotto per gli abitanti del Sasso Caveoso. La città inoltre si dotò anche del Palombaro Lungo, la più grande cisterna di Matera alta circa 15 metri ed in grado di raccogliere fino a 5 milioni di litri d’acqua, collegata direttamente alla Fontana Ferdinandea. Questa cisterna aveva un ruolo chiave per quanto riguarda l’approvigionamento idrico delle costruzioni del “piano“, cioè della parte nuova di Matera, fuori dal perimetro dei Sassi. Il Palombaro Lungo, attualmente visitabile, si estende sotto la centralissima piazza Vittorio Veneto fino al palazzo dell’Annunziata, nel complesso ipogeo che ingloba la chiesa rupestre del Santo Spirito.

Il sistema di conservazione delle risorse idriche realizzato dal popolo materano rappresentava una tecnica di raccolta molto evoluta per il passato. Il precario equilibrio che i palombari, le cisterne delle abitazioni ed i grabiglioni contribuivano a mantenere nei Sassi fu interrotto a seguito dell’espansione demografica verificatasi gradualmente tra il XVII ed il XX secolo. Il popolo si vide via via costretto ad utilizzare come abitazione qualsiasi luogo a disposizione, tra cui anche numerose cisterne presenti nelle case, oltre che tante chiese rupestri. 28_agosto_1936_benito_mussolini_visita_a_matera_via_fiorentini_sasso_barisano_grabiglioneI grabiglioni furono completamente coperti nei primi decenni del ‘900, fino agli anni ’20 e ’30 con gli ultimi lavori realizzati durante il Regime Fascista. Da ricordare sicuramente la visita il 28 agosto 1936 del Duce, Benito Mussolini, per inaugurare l’attuale via Madonna delle Virtù, fino a quel momento un sentiero dissestato a strapiombo sulla Gravina. In foto a destra è possibile osservare Mussolini che si affaccia da un edificio in via Fiorentini, da notare la folla che lo acclama da una via da poco pavimentata.

La chiusura dei grabiglioni, quindi della fogna della città, alimentò una già di per se complicata situazione all’interno dei Sassi. L’estrema povertà, unita alle pessime condizioni di vita della popolazione ed alla mancanza di igiene, fecero si che i vecchi rioni in tufo diventassero fino agli anni ’50 terreno fertile per malattie ed epidemie. I rioni Sassi furono progressivamente abbandonati a partire dal 1952, in seguito alla Legge Speciale firmata dal capo del governo Alcide De Gasperi che ne ordinò lo sgombero. Circa 17.000 persone furono costrette a trasferirsi dagli antichi rioni in tufo ai nuovi rioni al “piano” e nei dintorni della città. Le nuove case furono dotate di tutti i comfort necessari per una vita dignitosa, compreso l’allacciamento alla rete idrica e fognaria. L’abbandono dei Sassi (e quindi del vecchio sistema idrico) significò per i materani l’inizio di una nuova era, fatta di civiltà e speranza nel futuro. Proponiamo di seguito uno splendido video girato recentemente sotto la pavimentazione che ricopre il grabiglione di via Fiorentini, oggetto di lavori di rifacimento a seguito di un crollo verificatosi nel 2014.

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