
Il Villaggio Neolitico di Murgecchia sorge nell’omonima contrada del Parco della Murgia Materana e delle Chiese Rupestri. E’ sempre bene distinguere l’altopiano di Murgecchia da quello di Murgia Timone; questi sono divisi tra loro dal torrente Jesce, che successivamente si immette nella Gravina di Matera. Per un attimo non consideriamo lo splendido paesaggio delle gravine, focalizziamoci sulla zona che si estende subito dopo la cava di tufo. Appena giunti sul posto è possibile notare, nonostante la vegetazione, l’ampio fossato. A qualche decina di metri c’è una grande superficie rocciosa con numerosi solchi. I più regolari potrebbero essere delle sepolture, in passato chiuse da pietre e ciottoli, altre rotonde potevano servire per conservate le derrate alimentari. Infine i solchi più piccoli, invece, potrebbero aver ospitato i pali che costituivano lo scheletro delle varie strutture.

L’archeologo Ridola individuò il villaggio neolitico nel 1899, effettuando però i primi scavi soltanto nel 1908. Seguendo una larga fascia di erbe più rigogliose, egli riconobbe l’andamento del fossato che delimitava un vasto spazio di forma circolare. Fu proprio durante le ricerche a Murgecchia che Ridola sperimentò il suo metodo di scavo, considerato più sicuro ed economico, e che poi avrebbe adottato anche per le altre trincee. Basandosi sulle buone intuizioni suggerite dal manto erboso, Ridola verificò che il villaggio neolitico era costituito da due trincee quasi concentriche, che coprivano una superficie complessiva di circa 21.700 metri quadrati. Il fossato esterno è di forma pressoché circolare, quello interno, situato in posizione quasi centrale, ha invece forma ellittica. La trincea interna occupava per circa due terzi la sommità del pianoro e per un terzo si estendeva sulla pendice settentrionale della collina, probabilmente per meglio dominare la pianura sottostante e proteggere l’unica via d’accesso al villaggio. Recentemente altri archeologi si sono avventurati negli scavi di questo antichissimo luogo. L’archeologo Lo Porto nel 1967 ha condotto una campagna di scavi che ha portato alla luce, all’interno della trincea minore, numerosi pozzi per la raccolta dell’acqua piovana e qualche tomba lungo i margini interni del fossato. In questo modo è stata evidenziata una fase d’occupazione del villaggio risalente all’età del Ferro, caratterizzata dalla presenza di numerose buche per pali che si confondono con quelle dell’età Neolitica. Nel sito sono state trovati interessanti reperti in ceramica.
Dove e come arrivare
Nei pressi del Santuario di Santa Maria della Palomba, proseguire per la strada che consente di andare alla chiesa rupestre di Madonna delle Vergini. A poche decine di metri dall’inizio della salita, sulla sinistra è possibile trovare una cava di tufo in attività. Proseguendo per circa cento metri si può parcheggiare e dirigersi in direzione Nord Est. Cercare tra la vegetazione il fossato ed i numerosi solchi scavati nella roccia.