(pane di Matera)
Il pane di Matera I.G.P. (Identificazione Geografica Protetta) rappresenta l’eccellenza gastronomica più rilevante della città, parte integrante della storia e della cultura di questa terra. E’ prodotto secondo una tradizione millenaria, tramandata di generazione in generazione e portata avanti da un ristretto gruppo di panificatori che si è costituita Associazione Panificatori di Matera.
L’elemento cardine che permette al pane di Matera di essere un elemento unico nel suo genere è il grano duro Senatore Cappelli, che da origine ad una semola di elevatissima qualità. Gli altri ingredienti sono acqua, sale e lievito madre (“‘U lvèt“), quest’ultimo derivato dalla frutta fresca di stagione; la fermentazione dei batteri del lievito madre provoca la produzione di anidride carbonica, in quantità maggiore rispetto agli altri tipi di lievito, determinando una maggiore crescita del prodotto, oltre che una più elevata digeribilità. Il territorio contribuisce notevolmente a rendere speciale il pane di Matera. Fondamentale è la disposizione geografica ed i venti che accarezzano queste terre. La raccolta del grano nel materano avviene generalmente tra la prima metà di giugno ed i primi giorni di luglio, quando ormai le spighe sono mature, asciutte e pronte per essere trasportate al mulino; qui avviene la lavorazione dei chicchi di grano, i quali danno origine alla farina, semola se si parla di grano duro. Oltre che per la produzione di pane, la semola di grano duro viene usata per la produzione di pasta, dando vita in ogni caso a prodotti di alta qualità.
In passato Matera è stato il centro più importante di produzione di pasta a livello nazionale, come testimoniano i numerosi mulini, oggi non più in funzione, che un tempo erano presenti in città. A tal proposito vi consigliamo di leggere l’approfondimento sulla storia dei mulini nella città di Matera. Segni caratteristici del pane di Matera sono la porosità molto difforme, un sapore ed un profumo inconfondibili, oltre che la mollica di colore giallo paglierino.
I numerosi forni (in dialetto “‘U firn“), sparsi nei Sassi e sul “Piano“, fino agli anni ’50 accoglievano le forme di pane provenienti dalle varie famiglie degli antichi rioni. Il sapore squisito di questo prodotto era frutto di un’attenta fase di lavorazione che gli attuali panificatori hanno cercato di mantenere inalterata.
La preparazione del pane aveva inizio la sera prima. Per impastare si spingeva la massa (costituita da acqua, farina e lievito madre) con le mani chiuse a pugno. Questo movimento, in dialetto “Trmbè“, consentiva di amalgamare il più possibile la farina e l’acqua fino a produrre un agglomerato unico su di un tavoliere di legno massello (“Tavljr“). L’atmosfera nelle case era straordinaria: spesso al rumore ritmato delle mani per creare l’impasto era associato il risveglio dei bambini, i quali intravedevano una luce fioca, l’unica nella casa, che illuminava l’angolo dove la mamma (e spesso anche la nonna), con in grembo un grembiule ed in testa un fazzoletto bianco, era intenta ad impastare il pane. Terminato l’impasto, la massa (“La moss“) veniva tagliata in tante porzioni pressoché uguali, le quali venivano ulteriormente lavorate prima di subire i caratteristici tre tagli di coltello. Questo gesto racchiudeva un importantissimo significato di devozione e religiosità del popolo: i tre tagli rappresentano infatti la Trinità, “Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo”, la famiglia ringrazia quindi Dio della possibilità di poter usufruire di questo bene primario.
La massa, ottenuta dall’impasto, veniva conservata al caldo, avvolta in una coperta, non prima di aver fatto il segno della croce; la fase di “riposo” avveniva solitamente sul letto, accanto ai bambini che dormivano, come si usava dire “scaldato dal calore degli innocenti”. I pezzi di pane, pesanti dai 3 ai 4 Kg, prima di essere consegnati al fornaio per la cottura venivano marchiati con uno stampo in legno con impresse le iniziali del capo famiglia. Le famiglie più povere, non potendo disporre di un timbro in legno, usavano marchiare il proprio pane con dei tagli sulla massa. La marchiatura del pane facilitava l’operazione di riconsegna, una volta che le masse erano cotte.
(preparazione in casa del pane di Matera)
Gli apprendisti dei fornai provvedevano alla raccolta del pane casa per casa, secondo l’orario prestabilito, portando in spalla una tavola di legno lunga, a forma rettangolare, chiamata “La tavola del pane” (“La tovl du pèn“). Spesso il trasporto per le vie dei Sassi, fino al forno, era facilitato dalla presenza di un carretto. La raccolta seguiva solitamente tre fasce orarie identificate dalle diciture: “primo forno”, “secondo forno” e “terzo forno”. Il giorno prima l’aiutante del fornaio, armato di fischietto (“‘U fjscharjl“), richiamava le famiglie dei vicinati e raccoglieva porta a porta le preferenze sulla fascia oraria di ritiro. La prima fascia oraria (detta “Il primo forno”) era all’incirca alle 6 del mattino e obbligava le famiglie a cominciare i preparativi alle 3 di notte. Le successive fasce erano alle 8 ed alle 10 del mattino; la preparazione cominciava generalmente sempre 3 ore prima.
(pane trasportati sul tavoliere)
Il fornaio provvedeva ad alimentare il fuoco con gli arbusti (“‘U frosch“). Usando una lunga pala in legno adagiava le masse in maniera ordinata nel ventre del forno. Se si desiderava un pane ben cotto si chiedeva di cuocerlo sopra una pietra, o nel punto più lontano rispetto al fuoco.
Passata circa un’ora, il fornaio valutava il punto di cottura del pane e successivamente procedeva nell’estrarre i pezzi dall’interno del forno per riposizionarli sulla tavola. Completato lo svuotamento, l’apprendista ripercorreva le vie dei Sassi con la tavola sulle spalle, riportando il pane ai domicili. Le abitazioni dei vecchi rioni si riempivano dell’odore che emanava quel prodotto così invitante e fragrante, a cui difficilmente si resisteva dallo strappare un piccolo pezzo per mangiarlo.
La forma più rappresentativa del pane di Matera è quella definita a “cornetto”, più alta rispetto ad altre tipologie di pane presenti in Italia; questa caratteristica derivava dalla necessità di aumentare la produttività dei forni in seguito alla crescita demografica verificatasi nei rioni Sassi tra il ‘700 e l’800. In sintesi, aumentando l’altezza dei pezzi di pane si massimizzava il quantitativo prodotto nei forni.
La grande forma di pane (che, ricordiamo, in passato poteva pesare anche 4 Kg, oggi venduta al massimo in pezzi da 1 Kg ciascuno) si manteneva appetitoso per una decina di giorni circa. Quando diventava più duro, il pane veniva posto accanto al braciere per farne la tipica “bruschetta” (in materano “La fetta rossa”, “La fedda rauss“) spremendo su di esso il pomodoro e aggiungendo un filo d’olio. In alternativa, sul pane si aggiungeva dell’olio e dello zucchero per renderlo un dolce semplice, “povero” ed allo stesso tempo gustoso. Quando il pane subiva un ulteriore indurimento non veniva assolutamente buttato, bensì “riciclato” in cucina in una pietanza squisita, tipica della gastronomia materana: la cosiddetta “Cialledd”, nella versione calda (con pomodori, olio, cipolla e con l’aggiunta di un uovo fritto) o fredda (con pomodori, cipolla, olio e origano).
Matera è stata la città che prima fra tutte, nella zona della Murgia, ha assistito allo sviluppo dei mulini. Questo ci suggerisce che molto probabilmente il primo pane di qualità prodotto in questo territorio è nato proprio nella città dei Sassi. Successivamente, il prodotto è stato esportato in altri paesi che hanno avviato un ciclo produttivo proprio, oltre che un commercio su larga scala nazionale. Tuttavia, anche i panificatori materani hanno ottenuto ampi consensi a livello mondiale. Il 22 febbraio 2008 il pane di Matera ha ottenuto il riconoscimento del marchio I.G.P. (Identificazione Geografica Protetta), mentre circa un anno più tardi, precisamente il giorno 8 ottobre 2009, il marchio D.O.P. (Denominazione di Origine Protetta); entrambi gli attestati sono stati assegnati dalla Comunità Europea dopo un’attenta disamina del ciclo di produzione e lavorazione. Il prodotto “Pane di Matera” fuori dalla città viene considerato di lusso, tanto da rappresentare la tipologia di pane più venduto nei grandi magazzini Harrods di Londra. Nel 2020 lo storico panificio “Pane e Pace” (di proprietà della famiglia Perrone) ha ottenuto dalla guida Gambero Rosso il prestigioso titolo di “Miglior pane d’Italia”.
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