I testimoni degli accordi, i “due pezzoni”

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La città di Matera fino agli anni ’60 è stata tristemente nota come “Vergogna nazionale“, un luogo dove la povertà si mischiava alla lotta per la sopravvivenza. In questo contesto di assoluta miseria i materani arrancavano tra stenti e fatiche, sacrificando la propria esistenza per mandare avanti le loro famiglie. La mancanza quasi totale di banche costringeva gli abitanti della città ad aiutarsi tra loro; i meno abbienti chiedevano aiuto ai più benestanti, i quali elargivano piccoli prestiti monetari o altre forme di aiuto.

i_due_pezzoni_2La richiesta di soldi avveniva solo per pochissimi motivi, tra questi possiamo citare senz’altro l’acquisto di un terreno da coltivare, il matrimonio di una figlia femmina (per via della dote spettante e pattuita con il futuro marito e con i consuoceri) e l’acquisto di una casa (cosa, a dir la verità, molto rara in passato e riservata solo ai benestanti). Spesso la richiesta di soldi comportava anche l’accordo tra i contraenti sul tasso d’interesse (“‘U cjns“), in soldi o in termini materiali (il più delle volte prodotti agricoli). L’accordo per la concessione del prestito avveniva in un luogo particolare, che in passato era collocato al “Piano“, subito fuori il perimetro dei Sassi. In piazza Vittorio Veneto, precisamente in largo Plebiscito, salendo verso la chiesa di Materdomini, erano collocate due pietre (in dialetto “Du p’saurll” o “Du pjzzjn“) che fungevano da testimoni durante gli accordi. La collocazione in quell’esatto punto di queste pietre aveva anche una funzione più pratica, servivano per bloccare i traini. Nei pressi delle pietre erano infatti presenti alcune attività commerciali tra cui un bar (detto per l’appunto “‘U cafà du du pjzzjn“, letteralmente “Il caffè dei due pezzoni”, ovvero delle due pietre). Nei decenni successivi le pietre furono sostituite da due massi lavorati.

La posizione di questi due massi di fronte al palazzo dell’Annunziata, in passato il Tribunale cittadino, induceva la gente ad identificare le pietre come testimoni udenti ed oculari per i prestiti, fungendo quindi da garanti dell’accordo. La frase che generalmente convalidava il prestito era quella in cui il creditore diceva e ribadiva: “Ci sono le due pietre per testimoni; qui te li ho dati e qui li rivoglio” (“Staun ‘u du pjzzjn p t’stjmun; dà t’rì dèt i dà r’ veghij“). Il giuramento continuava includendo le conseguenze da pagare in caso di mancato rispetto dei patti. Il più delle volte si trattava di conseguenze penali, infatti in questo il creditore faceva segno con il capo verso il Tribunale. Il solo sentir nominare la parola “Tribunale” spaventava, essere chiamati a rispondere di un debito era considerato un disonore per tutta la famiglia.

i_due_pezzoniUn’altra situazione in cui si ricorreva all’ “aiuto” dei due testimoni era in occasione della mietitura; molti contadini, provenienti dai paesi vicini, arrivavano in città per chiedere lavoro a giornate (“A scjrnèt“) nei terreni coltivati a cereali e soprattutto a grano duro presenti nel materano. Il proprietario terriero (“‘U patrnèl“), o il suo responsabile d’azienda (“‘U cmnanzjr“), assumevano i contadini e stabilivano la paga giornaliera, assegnando loro il lavoro da eseguire. La frase che convalidava il contratto era: “Hanno sentito pure loro e ci sono le due pietre per testimoni” (“On sjntit pijr làr ì staun ‘u du pjzzjn p’tstjmun“), con lo sguardo rivolto sempre al Palazzo di Giustizia. Altra figura importante nell’atto del prestito dei soldi era il cinciglione (“‘U cincigliaun“), cioè un intermediario tra chi concedeva e chi usufruiva del prestito. A lui ricorrevano i creditori quando la scadenza per la restituzione terminava ed il tempo si prolungava per vari motivi. Il cinciglione si recava dal debitore per ricordare il debito contratto, fin quando questo non veniva saldato. Per saperne di più consigliamo di leggere l’approfondimento sul mestiere del mietitore.

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